MONTAIGNE
Montaigne può essere considerato l'ultimo dei grandi umanisti del '500; i suoi Essais riecheggiano di ideali non dissimili da quelli di Erasmo ma con forti accentuazioni pessimistiche e scettiche. Spettatore di una Europa che si sta dilaniando in sommovimenti pubblici, Montaigne assume un atteggiamento di rigetto e di profondo disdegno. Il primo atto di ripudio di una realtà esterna così deteriorata dal pregiudizio e dall'odio politico e religioso Montaigne lo esprime proponendo la sua propria esistenzialità come oggetto del suo studio, per chiedersi chi egli è e che cosa sa. Questo ripiegamento su se stesso non è mosso tuttavia da ostinazione egoistica: egli vuole raccontare l'uomo senza la pretesa di insegnargli verità assolute, vuole vederlo come è, delimitato nella sua finitezza esistenziale, ma anche capace di rendere pubblico il suo conoscere ed il suo sentire. Questo è per lui un atto di umiltà, connesso al sentimento della relatività delle cose e alla difficoltà che l'uomo si innalzi al di sopra di se stesso e dell'umanità con i mezzi di cui dispone; nel riconoscimento di questo limite però vi è anche la sollecitazione etica a comprendere che ogni uomo è in se un valore da rispettare e non da assoggettare a fedi religiose e pubbliche dogmatiche e fanatiche. Il merito dell'Umanesimo è appunto per Montaigne quello di aver riportato alla ribalta della vita l'individualità: ciò che l'uomo può trovare di verità deve cercarlo in se stesso, nella sua ragione, nella sua sensibilità e non in un sistema prefigurato di essenze superiori ed anteriori al suo esistere concreto. A qualunque categoria o classe metafisica, sociale, economica l'uomo appartenga, ciò che egli sa di se stesso lo sa quando si pone al di fuori di queste categorie o classi e quando scopre se stesso come essere originale ed irripetibile. E' necessario così un esercizio intenso di autoriflessione per scoprire scopi e significati della realtà umana che le situazioni aberranti del presente dissolvono e discreditano. Non gli sembra più possibile, dopo l'Umanesimo, includere l'uomo in un universo compatto e indecomponibile e comunque questo tentativo non può essere più intrapreso con la violenza e giustificando la guerra santa. E' assurdo che il sovrano si presenti come imago dei: nessun potere politico può accentrare in sè la totalità dei valori e farsi interprete della verità. L'esperienza umana è differenziata e pretendere di riportarla ad un modello invariabile non può che essere abusiva coercizione; ciò che l'individuo sa e ciò che sente in modo autentico, lo deve alle sue acquisizioni personali.

Commenti
Posta un commento